Il trasporto dei record: quando la realtà supera la fantasia

Marraffa: “Serve una rete infrastrutturale adeguata per queste tipologie di trasporto”

Nove mesi di progettazione per un trasporto eccezionale di 189 Km complessivi su strada pubblica. Quella compiuta dalla Marraffa può essere definita un’impresa a tutti gli effetti. Si trattava del trasporto di un condensatore carbammato di 420 ton, partito da Terno d’Isola (in provincia di Bergamo) dove ha sede l’azienda costruttrice FBM Hudson Italiana, destinazione porto fluviale di Mantova per essere imbarcato su una chiatta e raggiungere il porto di Marghera per la spedizione finale in Asia.

Uno dei più grandi trasporti eccezionali mai realizzati sulle strade italiane che ha visto impegnate circa 25 persone tra tecnici, staff e personale operativo, la cui realizzazione è stata possibile grazie a un lavoro di collaborazione con tutti gli Enti stradali e Università. Senza la collaborazione non si può fare nulla.

Il nostro è un lavoro di squadra che ha bisogno della collaborazione di tutti – evidenzia il project manager, Giovanni Marraffae che necessita di mesi di progettazione”.

La conformazione del convoglio era composta da n. 2 semoventi SPMT ciascuno da 20 assi per una lunghezza complessiva di circa 75 metri e un peso complessivo di circa 600 tonnellate. Si trattava di un apparecchio autoportante del peso di 420 ton caricato su ralle girevoli dalla capacità di 300 ton ciascuno.

Un trasporto eccezionale – dice Giovanni Marraffa – che è stato portato a termine grazie alla preparazione di tutti i nostri uomini, grazie a un accurato lavoro di progettazione da parte del nostro ufficio tecnico. Pilastro fondamentale del nostro agire quotidiano è la sicurezza sul lavoro, che oggi è diventata il nostro punto di forza riconosciuto dai clienti”.

Ma da qui in avanti queste tipologie tipo di trasporto saranno sempre più rare sulle strade pubbliche italiane e non per una questione di dimensioni, ma di carichi evidentemente troppo pesanti per infrastrutture inadeguate come lo sono quelle italiane.

Tutto questo – sottolinea Giovanni Marraffa – penalizza non solo le aziende che operano nel trasporto pesante, ma anche le stesse aziende produttrici di grandi caldaie, motori navali, turbine, frese meccaniche, macchine da cantiere e tutti i manufatti oversize”.

Il crollo del ponte Morandi a Genova è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. “È chiaro che, per aziende come la nostra, una normativa certa in materia di sicurezza sulle infrastrutture non può che essere un aspetto positivo – dice Marraffa –, ma la soluzione non può essere quella di eliminare queste attività, quanto piuttosto quella di adeguare e ammodernare il sistema infrastrutturale del Paese. È evidente che stressare ulteriormente con carichi pesanti ponti e viadotti con decine di anni di esercizio sulle spalle e una manutenzione spesso insufficiente non è una cosa buona, ma per un Paese che vuole crescere come l’Italia la soluzione non può che essere quella di dotarsi di una rete infrastrutturale adeguata e all’altezza delle tante imprese industriali italiane che sono oggi eccellenza a livello mondiale”.

Bisogna saper guardare il bicchiere mezzo pieno, perché il crollo del ponte Morandi ha evidenziato la necessità di ammodernare le strutture più datate. “Questo – dice Marraffa – significherebbe non solo infrastrutture nuove a disposizione del Paese, ma si affiancherebbe anche un risvolto positivo nell’economia e nella creazione di nuova occupazione nel settore delle grandi opere”.

Per quanto riguarda il settore dei trasporti eccezionali e pesanti, nei prossimi anni i settori che di certo daranno lavoro sono quelli dell’Oil&gas e Power/Energy. “Ci sono grandi produttori di apparecchi e parti di impianto che continuano a produrre e a esportare ma hanno bisogno di maggiore flessibilità nell’iter autorizzativo dei trasporti”.